Perché si mangia la frutta secca a Natale?
Quando si pensa al pranzo di Natale si affacciano nella mente immagini di abbondanza e opulenza: grazie all’enorme varietà che offrono le tradizioni culinarie delle diverse regioni italiane, la tavola natalizia viene imbandita con le portate più gustose, dai ravioli al cappone, passando per gli immancabili dolci, come il panettone meneghino o gli struffoli napoletani. In questa deliziosa eterogeneità, c’è però un protagonista indiscusso della tavola di Natale italiana, da nord a sud della Penisola: la frutta secca.
Una lunga tradizione
Perché si mangia la frutta secca a Natale? Si tratta di una tradizione molto antica, che risale addirittura all’epoca romana, quindi molto prima che si festeggiasse il Natale. In questo periodo storico, la frutta secca rappresentava il dessert ideale al termine dei banchetti più raffinati. Ma non solo: sembra anche che la frutta secca fosse considerata dai romani di buon auspicio, tanto che in occasione dei matrimoni era usanza spargere dei gherigli di noce sul pavimento della casa del futuro sposo.
Dall’epoca romana in poi, la tradizione del consumo di frutta secca si è progressivamente integrata con le usanze cristiane, fino a diventare uno degli emblemi del pranzo natalizio.
Il vero motivo per cui si mangia frutta secca a Natale, tuttavia, non è del tutto chiaro e, in proposito, sono state avanzate numerose teorie.
Una delle più plausibili è legata alla questione della stagionalità della frutta: dal momento che in inverno è difficile trovare frutta fresca, si usava essiccarla durante la bella stagione per poterla poi consumare anche con l’arrivo del freddo.
Un’altra teoria molto valida sostiene invece che, essendo la maggioranza della popolazione povera, a Natale fosse tradizione scambiarsi come regalo proprio della frutta secca, un bene tutto sommato alla portata di tutti che risultava però un pensiero sempre gradito. Si tratta di un’usanza che si è mantenuta a lungo nel tempo, tanto che ancora oggi è consuetudine regalare cesti natalizi contenenti, tra gli altri prodotti alimentari, anche frutta secca.
La frutta secca protagonista della tavola natalizia
Che si tratti di una tradizione povera o di un retaggio dei lussuosi banchetti romani, la frutta secca rappresenta comunque una portata imprescindibile nella tavola natalizia. Non bisogna poi dimenticare che la frutta secca può essere consumata in molti modi: al naturale oppure come ingrediente principale di molti dolci della tradizione, dal panforte al panpepato fino al torrone. La frutta secca può essere protagonista anche di piatti più moderni e innovativi, come l’arrosto alle nocciole o le lasagne ai pistacchi.
Frutta secca: quanta se ne può mangiare?
L’usanza vuole che la frutta secca si spizzichi una volta giunti quasi al termine del pranzo di Natale; nel napoletano, addirittura, il cesto di frutta secca portato in tavola a Natale si chiama “o passatiempo”, cioè “il passatempo”, termine dal quale è facile intuire che spesso non ci si dà un limite per la porzione da consumare durante le festività natalizie. Tuttavia, occorre tenere presente che la frutta secca, per quanto numerosi studi concordino nell’affermare che faccia bene alla salute, è molto calorica e quindi non se ne dovrebbe abusare.
I nutrizionisti raccomandano di non superare i 30 gr di frutta secca a pasto, che corrisponde a circa 5 noci o 20 nocciole o mandorle e, nel caso della frutta disidratata, a non più di 3 datteri o fichi. Stesso discorso vale per i dolci a base di frutta secca: un pezzo di torrone o di croccante, per esempio, apporta circa 145 kcal.